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TVTrascrizione
00:00Buonasera ai nostri telespettatori, benvenuti a questa nuova edizione del nostro Tg Preview,
00:15l'approfondimento curato dalla redazione di Teletutto.
00:18Stasera ci occupiamo di un tema storico, ieri è stata la giornata del ricordo, giornata
00:27appunto dedicata alle vittime delle foibe e anche agli esuli istriani, gli esuli appunto
00:34della Friuli Venezia Giulia e della Dalmazia.
00:37Avete visto la copertina alle mie spalle, ritrae una fotografia scattata a Brescia in
00:43Duomo tanti anni fa con gli esuli presenti appunto nella nostra città.
00:48Il titolo è appunto Esuli Istriani, l'accoglienza di Brescia, vogliamo occuparci di questo,
00:54vogliamo capire e anche ricostruire quello che è successo tanti anni fa, in mano ho
01:01un libro, un tomo particolarmente importante, pesante, dopo l'esodo da profughi a cittadini
01:12e il sottotitolo recita il processo di integrazione di Giuliani e Dalmati nell'Italia del secondo
01:17novecento attraverso le vicende di Brescia.
01:21Ne parliamo con l'autore del libro che vado subito a presentarvi, Giovanni Spinelli, collegato
01:27con noi via Skype, buonasera Spinelli, e ne parliamo poi anche con Laura Busecchiane che
01:35è la presidente provinciale di Brescia dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, l'associazione
01:44appunto che tiene viva la memoria di quello che è successo subito dopo la seconda guerra
01:51mondiale. Quando si parla di giorno del ricordo spesso si fa riferimento, presidente parto
01:59da lei, alle vittime delle foibe, non si sa bene quante siano, poi gli storici su queste
02:07cose sono abbastanza divisi, se sono cinquemila, se sono undicimila, poi spesso si parla di
02:13vittime delle foibe, ma molte delle vittime furono in realtà vittime dei campi di Tito,
02:21e molti finirono invece in queste foibe, in questi crepaci al confine italiano, ma tanti
02:34furono invece gli esuli, i numeri sono incerti, si parla di duecentocinquantamila, di trecentocinquantamila,
02:41e molti di quelli arrivarono a Brescia, lei è figlia e nipote di esuli che arrivarono
02:47a Brescia, e adesso capiremo che cosa è successo a Brescia poi, presidente.
02:51Sì, esatto, come diceva lei è un po' difficile stimare il numero esatto degli esuli, si
02:57parla dei duecentocinquantamila e trecentocinquantamila esuli che sono partiti nella prima ondata
03:03nel 1947 dopo il trattato di Parigi, il 10 febbraio 1947, infatti il giorno del ricordo
03:10è stato preso da quella data, perché ha creato poi, ha innescato l'esodo delle prime
03:17ondate di profughi, ed è emblematico l'esodo dalla città di Pola che si è esudata completamente.
03:23A Brescia sono arrivati i profughi che sono arrivati in città e hanno fatto, dopo uno
03:30smistamento, in realtà c'era un primo smistamento nei campi profughi di Udine o di Venezia,
03:36quindi arrivavano o con mezzi di fortuna, nel senso che in Istria era più agevolato
03:41dalla vicinanza arrivare a Trieste, oppure arrivavano con i piroscafi, i piroscafi a
03:46Toscana che faceva la spola tra Pola e Venezia o tra Pola e Trieste, e gli zarattini arrivavano
03:53anche loro o tramite treno che li portava a fiume, da fiume andavano a Venezia, oppure
03:59con i piroscafi che li portava ad Ancona. Da lì venivano smizzati e si davano a preferenza,
04:08era molto difficile essere accontentati chiaramente, l'Italia comunque era devastata dalla guerra
04:12e quindi doveva accogliere nel modo migliore possibile. Adesso ci spiegherà come sono
04:18arrivati a Brescia e perché Brescia in quell'occasione. Spinelli è una storia evidentemente di sofferenza,
04:25di dolore, di famiglie intere che hanno dovuto lasciare le proprie case, le proprie abitazioni
04:29tutta la propria vita, da un giorno all'altro molti, in seguito proprio a quello che successe
04:35agli esodati, a quelli che successe agli infoibati come vengono ricordati, cioè alle vittime
04:45dei partigiani anche di Tito. È una storia però anche di riscatto, lo racconta anche
04:51il titolo del suo libro, Dopo l'esodo, da profughi a cittadini.
04:57Sì, fu un percorso lungo e travagliato che duò alcuni mesi per alcuni, ma alcuni anni
05:08per moltissimi altri. Inizialmente, l'avete appena ricordato voi, le condizioni dell'Italia
05:19alla fine del conflitto erano drammatiche, quindi le istituzioni potevano fare corso
05:25come misure di intervento per i profughi Giuliano Dalmati, che erano solo una delle
05:29categorie dei senza tetto di cui si dovevano fare carico le istituzioni. Furono l'accoglienza
05:42all'interno di questi cosiddetti centri di raccolta profughi, ma più noti come campi
05:47profughi, il cui numero esatto è ancora tutto sommato da stimare, ma che arrivarono sicuramente
05:52a superare i 110-120, oppure l'elargizione di sussidi molto modesti. Nel caso di Brescia,
06:03l'inserimento fu particolarmente duro perché pochi lo sanno, ma Brescia, che oggi consideriamo
06:09giustamente uno dei capitali economiche d'Europa, visse il problema della disoccupazione in
06:17maniera particolarmente grave, più grave che altrove. Calcoli che nel 1953 Brescia
06:22era seconda per indice di disoccupazione fra le città con almeno il 10% della forza lavoro
06:29impiegata nell'industria. Questo perché l'industria bresciana fino al 1945 era un'industria fortemente
06:36convertita alla produzione bellica, quindi il dopoguerra fu particolarmente drammatico
06:44e questi profughi si ritrovavano a vivere in una realtà in cui c'erano già decine di migliaia di
06:49locali che non trovavano lavoro. Per i profughi apportati a Brescia fu particolarmente duro
07:01inserirsi e superare la fase dell'emergenza. Non è un caso che Brescia e Chiari, perché c'era un
07:10campo profugho di staccamento anche a Chiari, furono tra gli ultimissimi campi a chiudere i battenti.
07:15La caserma Goito a Brescia è chiusa nel 1965 e il CRP di Chiari è chiusa nel 1966. Ecco perché diceva
07:23lei giustamente Brescia era una città convertita all'armamento, all'industria bellica e fu per
07:33questo anche oggetto di bombardamenti intensi in quegli anni e quindi era una città evidentemente
07:40prostrata da quello che stava succedendo dalla seconda guerra mondiale. Adesso pregherei la
07:47regia di mandare il servizio perché tutti gli anni, quindi il giorno del ricordo del 10 febbraio,
07:54in questo caso domenica, il giorno prima è stata celebrata questa data nel quartiere di San Bartolomeo
08:03e c'era per noi Elena Arrighini. Vediamo il servizio.
08:08Italiani due volte per nascita e per scelta. Così da presidente provinciale dell'Associazione
08:13Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, Laura Bosecchian definisce le vittime e gli esuli
08:19dell'Eccidio delle Foibe, una delle pagine più nere della nostra storia nazionale che ogni anno
08:24viene commemorata il 10 febbraio con il giorno del ricordo in occasione dell'anniversario del
08:30trattato di Parigi che nel 1947 impose la cessione da parte dell'Italia di alcuni suoi
08:36territori orientali a favore del governo jugoslavo. E proprio per ricordare la tragedia
08:41che costò la vita a 10.000 italiani e l'esilio ad altri 350.000, l'Associazione Venezia Giulia e
08:48Dalmazia con la sindaca Laura Castelletti e i rappresentanti istituzionali si sono riuniti
08:53domenica 9 febbraio insieme agli esuli e le loro famiglie per rendere omaggio al monumento
08:59delle vittime delle Foibe nel quartiere di San Bartolomeo. Il quartiere bresciano è infatti un
09:03simbolo della resilienza degli esuli Giuliano Dalmati perché qui ricostruirono da zero la
09:08loro vita molte delle oltre 5.000 persone che transitarono nel campo profughi di Brescia
09:13allestito nella caserma Goito. A Brescia sentiamo forte il dovere di tramandare questi avvenimenti,
09:19ricorda la sindaca Castelletti, durante la deposizione della corona d'alloro al luogo
09:23simbolo della migrazione, onorando le molte famiglie che proprio a Brescia trovarono terreno
09:28fertile per costruire una nuova casa al sicuro dall'essere perseguitati solo perché italiani.
09:34Allora diceva quindi il servizio, il quartiere San Bartolomeo non è l'unico a Brescia,
09:41c'è anche il quartiere Sant'Antonio un po' più piccolo. Presidente,
09:45come è nato il quartiere San Bartolomeo?
09:48Il quartiere è stato inaugurato nel 1957 e faceva parte di questo progetto di costruzione
09:55di edilizia popolare, anche innovativo in quel periodo per la nostra nazione,
09:59infatti fu anche un modello insieme al quartiere Sant'Antonio che è stato inaugurato 5 anni prima.
10:05È un villaggio in cui sono stati assegnati quasi 200 appartamenti alle famiglie profughe e quindi
10:15agli esoli dell'Istria che quindi lo abitarono arrivando dal campo profughi di Brescia e anche
10:21da quello di Chiari e da quelli del Lago. L'inaugurazione di questo villaggio è stata
10:26importante proprio perché dai campi profughi uscirono persone e famiglie che ci passarono
10:32anche 10 anni, quindi ci sono bambini che sono nati nel campo profughi e hanno avuto come prima
10:38una casa effettiva nel villaggio di San Bartolomeo.
10:42Lo diceva anche lei prima, professor Spinelli, ci sono voluti tanti anni a Brescia per passare
10:50appunto dal campo profughi ad una casa che avesse un minimo di dignità, si ricordano
10:55campi profughi anche allestiti un po' alla buona all'inizio. Le chiedo professore come
11:04fu l'accoglienza dei bresciani all'inizio?
11:06Partiamo dal fondo. Nel bilancio tra diffidenza, sospetto, ostilità e comprensione, accoglienza,
11:19solidarietà, senza altro la realtà bresciana si è distinta per solidarietà, accoglienza
11:27e comprensione. Non sono certo mancati, soprattutto nei primissimi anni, quando le condizioni
11:34di vita erano più dure per tutti, perché è sempre così, fenomeni di ostilità basati
11:44sostanzialmente su alcuni pregiudizi. All'inizio pesò il cosiddetto pregiudizio politico basato
11:52sull'equazione profughi uguali fascisti, perché se scappavano dal paradiso socialista
12:07non potevano essere sciovinisti se non proprio fascisti, quindi è gravato questo pregiudizio.
12:15Hanno sofferto anche di un pregiudizio etnico, che è perdurato e in certi versi perdura ancora,
12:21perché abbiamo episodi ogni tanto ricorrenti. Quello che potremmo definire pregiudizio etnico,
12:26cioè sostanzialmente costoro anche a motivo dei nomi di alcuni di loro, particolarmente esotici,
12:33ecchislavi, portavano i locali a ritenere che si trattasse di profughi slavi. Quindi potete
12:44immaginare quale potesse essere lo stato d'animo di coloro che avevano abbandonato le loro terre,
12:50proprio per mantenere la propria identità d'italianità, sentirsi tracciati dall'essere
12:57slavi. I problemi più profondi sono stati determinati proprio dalla concorrenza fra
13:05categorie di cittadini in difficoltà, per cui nei primi anni Quaranta il profugo Giuliano
13:12Dalma era visto con sospetto perché era un concorrente per un pezzo di pane, per un paio
13:17di scarpe, per un farmaco, per un ricovero in ospedale, per un vestito. Negli anni Cinquanta
13:25questo pregiudizio, questa diffidenza, si trasforma in una diffidenza verso il profugo
13:31Giuliano Dalmata che è avvertito come un concorrente per ottenere una casa popolare
13:35o per accedere al lavoro. Quindi ci furono problemi, non sono mancati, ma nel complesso,
13:42e il mio libro lo testimonia credo a sufficienza, Brescia si è dimostrata in realtà estremamente
13:49accogliente, ricordo alcune cose. Grandissimo fu il dispiegamento di risorse e di impegno
13:56da parte del mondo cattolico, in particolare da parte della diocesi. Grande fu anche la
14:04solidarietà di molte realtà produttive che risposero costantemente agli appelli alla
14:09beneficenza che venivano dal comitato provinciale. Il comune di Brescia, nonostante le condizioni
14:19gravissime dei primi anni, perché il comune di Brescia aveva una situazione finanziaria
14:23di pesantissimo deficit, mise a disposizione gratuitamente e cedette gratuitamente i terreni
14:29su cui sorsero il villaggio Sant'Antonio prima, a partire dal 1950, e il quartiere
14:36di San Bartolomeo a partire dal 1957. Quindi ci sono state moltissime manifestazioni di
14:42solidarietà e di comprensione. Quindi Brescia in questo senso si è distinta. Tenete anche
14:47presente le dimensioni della comunità Giuliano Dalmata, perché i numeri esatti non li conosciamo
14:53e non li conosceremo mai per molti problemi. Però si stima che siano transitati per Brescia
14:598.500 Giuliano Dalmati, 3.000 dei quali, all'inizio degli anni Cinquanta, si calcola che fossero
15:06circa 3.000, hanno eletto Brescia la loro seconda casa.
15:11Sui numeri ci arriviamo, c'era invece la Presidente che voleva leggere un passaggio,
15:17un passo del volume del Professor Spinelli. Si perché rende proprio l'idea delle condizioni
15:26che purtroppo c'erano nel campo profughi di Brescia e non solo di quello. Si riferisce
15:32a una visita, nel febbraio del 1947, di una cronista che dice questo. Nel cuore di Brescia
15:40vivono come in un piccolo campo di concentramento centinaia di uomini come noi. Sono quasi
15:46600, donne, bambini, vecchi, accatassati gli uni agli altri in stanzoni pieni di letti
15:52dove l'acqua penetra dai tetti sconnessi. Hanno lasciato le loro case, che ora non sono
15:57più interitaliana, per rifarsi qui, tra noi, italiani tra italiani, una vita tranquilla
16:03e normale. Sono tutti lavoratori, spesso con una famiglia numerosa, che non vogliono fare
16:08profughi di professione. Invece da mesi attendono inutilmente un lavoro e tirano avanti con
16:14un mestolo di riso e due lire e cinquanta al giorno di sussidio. E' proprio troppo poco.
16:19E rende l'idea.
16:21E che ricordo ha lei di quello che le raccontavano i suoi genitori? Qual è un episodio che le
16:28ha rimasto particolarmente in testa, nel cuore?
16:32Sicuramente ricordi di mio padre. Mio padre è stato nel campo profughi di Trieste, in
16:39Italia, e mi ricordava sempre il freddo e la fame. E questa cosa poi me l'hanno anche
16:46raccontata gli altri miei parenti, che invece sono stati nel campo profughi di Via Calegari
16:51per dieci anni. E quindi il fatto di non avere il riscaldamento, i più fortunati avevano
16:56una piccola stufetta nelle stanzette create di fortuna e il cibo a disposizione era veramente
17:04poco, quindi il freddo e la fame.
17:07Ecco, come è arrivato poi qua suo padre da Trieste?
17:10Mio padre è arrivato da Trieste in treno, dopo che suo padre, quindi mio nonno, aveva
17:15anticipato la famiglia, quindi ha lasciato la famiglia per nove mesi da sola nel campo
17:20profughi di Trieste, con i bambini piccoli, per cercare lavoro. E l'ha trovato qui a
17:25Brescia, quindi nel momento in cui ha trovato lavoro si è ricongiunto con la famiglia e
17:30si sono stabiliti prima a Ghedi e poi con l'apertura del villaggio di San Bartolomeo
17:36si sono trasferiti a San Bartolomeo.
17:38Ecco professore, qui c'è insomma questo tomo, è un lavoro importante che ha fatto
17:44di ricerca, ma è possibile stabilire quanti si stabilirono, il gioco di parole in città
17:51a Brescia, quanti sono riusciti a rifarsi una vita di quelli passati? Lei diceva prima
17:568.500 si stima siano passati da Brescia, quanti poi alla fine a Brescia sono riusciti
18:03a rifarsi una vita?
18:05Sì, dicevo che si tratta di stime, almeno per tante ragioni, ma per due ragioni fondamentali
18:12il numero esatto non lo conoscevo mai. Per la curiosità delle fonti, evidentemente,
18:18ma anche perché nei campi, questo va ricordato, in tutti i campi profughi, non solo a Brescia,
18:23i Giuliano Dalmati hanno sempre convissuto con altre categorie di senza tetto, rimpatriati
18:29dalle colonie, si dimentica spesso che sono stati mezzo milione gli italiani che alla
18:35fine del secondo conflitto mondiale hanno dovuto rientrare in Italia, profughi dall'estero,
18:41sfollati dai fronti interni, i sinistrati bresciani, al fine del 1945 il sindaco Ghislardi
18:47stimò tra i 28.000 e i 30.000 bresciani senza tetto, quindi per questa ragione il numero
18:53esatto non lo possiamo conoscere, però negli ambienti dell'associazionismo, del comitato
18:59provinciale che aveva sempre avuto il polso della situazione, la stima validata è intorno
19:11agli 8.500, di cui 5.000 transitati per il campo profughi principale di Brescia, 2.000
19:18per il campo profughi di Chiari e 1.500 per i distrettamenti Gardesani, Bogliacco, Fasato
19:25e Goregnano. Sempre adetta del presidente del comitato provinciale dell'Associazione
19:32Nazionale dei Medici di Giulia Dalmazia, Antonio Cepic, figura che andrebbe grandemente rivalutata
19:38per il ruolo che ha giocato, persona molto attendibile per la conoscenza dei fatti, all'inizio
19:45degli anni 50 calcolava in circa 3.000 le persone che si erano stabilite definitivamente
19:50a Brescia, naturalmente questo è al netto del saldo, all'ordo anzi del saldo fra deceduti
19:57e nati dopo l'esodo, quindi una comunità di circa 3.000 persone a partire dai primi
20:02anni 50.
20:04Presidente, che cosa fa oggi l'Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia? Di cosa
20:11vi occupate?
20:13Il ruolo madre iniziale ovviamente si è modificato perché all'inizio si occupava appunto di
20:19dare supporto, soccorso e trovare alloggio all'ondata di profughi che sono arrivate.
20:25Nel 1947 proprio con il trattato di Parigi, ed è interessante dire perché riguarda la
20:30nostra città, che la sede bresciana è nata all'interno del campo profughi di Brescia
20:35in Via Calegari grazie ad Antonio Cepic di cui prima parlava il professore.
20:40Oggi invece l'attività è cambiata, sono cambiati i tempi, con il 2004 si è cominciato
20:46ad essere visti e si è cominciato a lavorare in modo diverso anche con le scuole, quindi
20:50promuoviamo soprattutto dei percorsi formativi per gli insegnanti, abbiamo la nostra scuola
20:55estiva, tutti gli anni di una settimana in cui con storici e esperti del tema gli insegnanti
21:03possono approfondire proprio l'argomento e un tavolo di lavoro con il ministero dell'istruzione
21:08proprio per poter entrare nelle scuole con il materiale corretto, adatto proprio ad
21:14un approfondimento anche per i giovani.
21:17Professore la data del giorno del ricordo purtroppo come spesso accade in Italia è
21:23anche motivo ancora oggi di divisione politica soprattutto, le chiedo appunto l'importanza
21:34in realtà di questa giornata, l'importanza di tramandare la memoria di quello che è
21:39accaduto in quegli anni.
21:41Sicuramente il giorno del ricordo che lo ha ricordato lei purtroppo continua ad essere
21:50motivo di fenomeni divisivi e questo è letale per come potremmo dire un presente e un futuro
21:58fatto di conoscenza e di comprensione insomma, le ragioni della politica non coincidono purtroppo
22:03quasi mai con quelle della storia.
22:05Il mio giudizio personale è che nel complesso l'istruzione del giorno del ricordo sia da
22:12ritenere un fatto positivo, ha sicuramente contribuito in maniera forte a far venire
22:23meno quella cappa di oblio che era accaduta per parecchi decenni sulle vicende del confine
22:31orientale, a mio modo di vedere ha anche stimolato come potremmo dire l'avvio di percorsi
22:37di ricerca nel mondo della storiografia e poi naturalmente assistiamo ogni anno episodi
22:46che faccio fatica a definire perché trovo che siano veramente d'ostacolo a un approccio
22:51corretto e fattivo alla vicenda, alla questione.
22:58Il nostro ufficio sarebbe che queste giornate memoriali fossero sempre occasione per porre
23:06le condizioni e le basi, non voglio dire perché questi fatti non accadono perché purtroppo
23:12il presente ci dice che l'istoria magistravite non è sempre vera, ma insomma l'impegno deve
23:18essere in quella direzione, quindi tutto ciò che strumentalizza l'uso pubblico della storia
23:23sono un veleno di cui dovremmo liberarci.
23:26Professore parlava del confine veneto, del confine orientale, è in pochi sanno che in
23:34realtà quel confine fu poi definito molto più avanti negli anni rispetto alla fine
23:38della seconda guerra mondiale, siamo addirittura negli anni 70, fine anni 60?
23:43Allora, per quanto riguarda fiume, zara e buona parte dell'istria, la cosiddetta zona
23:51B, no, nel senso che con il trattato del 10 febbraio 47 trasferì la sovranità di queste
23:57terre alla Jugoslavia, è rimasta impregiudicata a lungo la sorte del cosiddetto
24:02dell'istituendo territorio libero di Trieste, cioè dell'area diciamo triestina e della
24:10diciamo una ristretta fascia nord-occidentale dell'istria, che avrebbero dovuto costituire
24:17un territorio libero, uno stato cuscinetto fra Italia e Jugoslavia, questo TLT non si è mai
24:22costituito per ragioni che non abbiamo evidentemente il tempo di ricordare e tantomeno
24:27di approfondire. Ecco, col memorandum di Londra del 5 ottobre del 54, al governo militare
24:35jugoslavo e al governo militare alleato nella zona B e rispettivamente nella zona A
24:42subentrarono l'amministrazione civile jugoslava nella ex zona B del TLT e l'amministrazione
24:48italiana nell'ex zona A del TLT. È il ritorno di Trieste all'Italia, però la sovranità
24:56e diciamo così le amministrazioni italiane sono state fissate soltanto nel 75 con il
25:01trattato di Bosco. Esatto, grazie professor Spinelli, grazie alla presidente Busecchian,
25:06siamo andati decisamente oltre ma ci sarebbe da parlare quando poi si parla di storia,
25:11grazie anche ai nostri telespettatori, pochi minuti per il nostro telegiornale.