• 2 mesi fa
Dal fast al pàp? Sta succedendo sotto gli occhi di tutti, ma sembra che nessuno se ne voglia accorgere. Sto parlando della mutazione genetica del fast fashion, una metamorfosi che sembra inarrestabile. Le conseguenze le scopriremo abbastanza presto, appena le strategie del fast fashion appunto, posizioneranno i marchi nella fascia che prima della dittatura dei beni di lusso era di competenza del prêt-à-porter. Un traguardo a cui i marchi della moda a basso prezzo, finora tanto criticati per i noti problemi di produzione e sostenibilità, stanno arrivando percorrendo la strada dell'innalzamento dell'immagine.

Il primo segnale arriva dalle nomine di direttori creativi presi tra coloro che prima dirigevano i grandi marchi del lusso e poi, per qualche strano caso del destino, sono rimasti senza occupazione. Dopo che Zac Posen è stato nominato direttore creativo dell'americana Gap e che il giapponese Uniqlo, non propriamente un marchio di fast, ha nominato Clare Waight Keller alla direzione creativa, ha stupito che anche Zara abbia scelto Stefano Pilati per fargli disegnare una capsule collection di 100 pezzi.

Ma il segnale più forte è arrivato quando la collezione è stata promossa da una campagna pubblicitaria affidata a quel grande costruttore di immaginari che è Steven Meisel. Con uno spot e una campagna pubblicitaria in cui ha coinvolto lo stesso stilista e top model fin troppo riconoscibili come Gisele Bündchen. L'operazione è molto diversa da quando H&M fece disegnare delle capsule a Karl Lagerfeld e perfino a Rei Kawakubo o Donatella Versace. Qui l'operazione serve per posizionare il marchio proprio in quella fascia di consumatori che non può più permettersi di accedere ai prodotti del marchio del lusso.

E quindi quel prêt-à-porter che non esiste più perchè è diventato, per prezzi e per fattura, un'alta moda pronta, sta per essere un appannaggio degli ex produttori di fast fashion. Un regalo e una legittimazione che hanno ricevuto proprio dalle aziende del lusso e che loro gestiscono con molta nonchalance.

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00:00Dal fast al pup? Sta succedendo sotto gli occhi di tutti, ma sembra che nessuno se ne voglia accorgere.
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00:17posizioneranno i marchi nella fascia che, prima della dittatura dei beni di lusso,
00:21era di competenza del frettaportè.
00:23Un traguardo al cui i marchi della moda a basso prezzo,
00:26finora tanto criticati per i noti problemi di produzione e sostenibilità,
00:31stanno arrivando percorrendo la strada dell'inalzamento dell'immagine.
00:35Il primo segnale arriva dalle nomine di direttori creativi,
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00:42per qualche strano caso del destino, sono rimasti senza occupazione.
00:45Dopo che Zac Posen è stato nominato direttore creativo dell'Americana Gap
00:50e che il giapponese Uniqlo, non propriamente un marco di fast,
00:54ha nominato Claire White Keller alla direzione creativa,
00:57ha stupito che anche Zara abbia scelto Stefano Pilati
01:00per fargli disegnare una capsule collection di 100 pezzi.
01:03Ma il segnale più forte è arrivato quando la collezione è stata promossa
01:07da una campagna pubblicitaria affidata a quel grande costruttore di immaginari
01:11che è Stephen Meisel, con uno spot e una campagna pubblicitaria
01:14in cui ha coinvolto lo stesso stilista e top model fin troppo riconoscibili
01:18come Giselle Bündchen.
01:19L'operazione è molto diversa da quando H&M fece disegnare delle capsule
01:23da Karl Lagerfeld e perfino da Ray Cavacubo o Donatella Versace.
01:27Qui l'operazione serve per posizionare in marchio proprio quella fascia
01:30di consumatori che non può più permettersi di accedere ai prodotti
01:34dei marchi del lusso.
01:35E quindi quel prêt-à-porter che non esiste più perché è diventato
01:39per prezzi e per fattura un'alta moda pronta
01:42sta per essere un appannaggio degli ex produttori di fast fashion.
01:45Un regalo è una legittimazione che hanno ricevuto proprio
01:49dall'azienda del lusso e che loro gestiscono con molta nonchalanza.

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