• 6 mesi fa
Da che parte stare? Non è una domanda filosofica se si vive in Palestina e in Israele. Il cui conflitto ha radici molto lontane. Come dimostra il film Shoshana di Micheal Winterbottom. Che arriva nei nostri cinema il 27 giugno con Vision Distribution.

Qui sopra vi proponiamo una clip in anteprima e in esclusiva che spiega bene il nocciolo centrale del film. Ovvero la completa incapacità di comprendere l'altro. Visto solo come un nemico.
La trama di "Shoshana"
Ispirato a eventi realmente accaduti, Shoshana è un thriller politico ambientato negli anni Trenta a Tel Aviv, una nuova città ebraica di matrice europea costruita sulle coste del Mediterraneo. Attraverso la relazione tra Thomas Wilkin (Douglas Booth, visto in Un anno con Salinger) e Shoshana Borochov (l'attrice russa Irina Starshenbaum, qui al suo primo film in lingua inglese), il film racconta come la violenza e l’estremismo riescano a creare una separazione tra gli individui, costringendoli a scegliere da che parte schierarsi.

Membro della squadra antiterrorismo delle forze di polizia Britannico-Palestinesi, Wilkin affianca Geoffrey Morton (Harry Melling, il Doudley di Harry Potter) nella caccia a un leader clandestino, il carismatico poeta Avraham Stern (Aury Alby). Stern è convinto che la costruzione dello stato di Israele debba necessariamente passare attraverso la violenza, e Wilkin e Morton diventano i suoi principali obiettivi. Come molti a Tel Aviv, Shoshana è moderna, progressista e femminista. Odia le politiche di Stern e i suoi seguaci ma con l’intensificarsi del clima di violenza, sarà costretta a decidere accanto a chi vorrà combattere.
Un progetto nato tanti anni fa
Micheal Winterbottom ha raccontato che l'idea per Shoshana è nata più di 15 anni fa, quando era al Jerusalem Film Festival per ricevere un premio per il suo A Mighty Heart - Un cuore grande con Angelina Jolie. «Mentre ero lì lessi il libro di Tom Segev, One Palestine, Complete: Jews and Arabs Under the British Mandate (inedito in Italia, ndr), un eccellente resoconto del periodo tra le due guerre, durante il mandato britannico in Palestina».

[caption id="attachment_1365267" align="aligncenter" width="635"] L'attrice russa Irina Starshenbaum in una scena di "Shoshana" di Micheal Winterbottom (foto ufficio stampa)[/caption]

Ovvero uno dei momenti più importanti della storia di Israele, che ha creato le basi per quella situazione esplosiva che perdura ancora oggi. «La storia di Shoshana Borochov e Tom Wilkin ci sembrava un punto di partenza perfetto per il nostro film», prosegue il regista. Non nuovo ad affrontare temi caldi come nel documentario The Road to Guantanamo (2006). «La loro storia mette in risalto come la violenza e l’estremismo riescano a tracciare un solco tra gli individui, costringendoli a scegliere da che parte schierarsi. Dopo tanti anni di tentativi, forse non è un caso che siamo finalmente riusciti a terminarlo in un periodo in cui il tema è più che mai rilevante, non solo in relazione ai recenti avvenimenti proprio in Israele, ma anche all’Inghilterra, dove la Brexit ci ha costretti in campi separati, all’America di Trump e alla tragedia Ucraina ancora in atto».
La storia vera di Shoshana Borochov
Shoshana si basa su fatti storici realmente accaduti. Anche se, per stessa ammissione del regista e sceneggiatore inglese, per molti aspetti la pellicola è liberamente ispirata alla figura di Shoshana Borochov, figlia di uno dei fondatori del sionismo socialista. «Sul resto, invece, abbiamo fatto molte ricerche, per farci un’idea precisa del tempo e dei luoghi», racconta Winterbottom. «Abbiamo anche intervistato diverse persone, tra cui David Shomron, uno degli assassini di Tom Wilkin. Quella parte del film è assolutamente fedele a ciò che lui ci ha raccontato. Non abbiamo cambiato niente di quello che abbiamo potuto basare su testimonianze reali ma, ovviamente, altri momenti della storia sono frutto della nostra immaginazione. È un’opera di fantasia basata su eventi realmente accaduti».
La recensione di "Shoshana"
La bravura e il tocco delicato di Micheal Winterbottom sono indiscutibili. Così come il suo sguardo critico. Che mette il dito nella proverbiale piaga troppo spesso dimenticata: il ruolo del colonialismo britannico e le sue nefaste conseguenze anche in quella parte del mondo (ma è bene sottolineare che il film è stato girato in Puglia).

Il Sionismo è (stato) un movimento dalle tante anime e dalle tante sfaccettature. Ed è molto interessante vedere come il sogno di tanti ebrei di vedere nascere Israele sia portato a compimento. Ma nell'attuale clima mediatico-politico, la totale assenza di voci palestinesi nel film è troppo evidente per essere ignorato.

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