di Antonella Pederiva
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto — dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
È uno straordinario monito, quello che Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la letteratura, lancia agli uomini del suo e del nostro tempo. Un messaggio attuale. Non è cambiato nulla, in fondo. L’evoluzione della cultura, della scienza, della tecnologia non ha portato nessun cambiamento nella natura e nel cuore degli uomini, il desiderio di guerra risuona forte nelle loro anime accecate da invidia, bramosia di potere, odio, vendetta. T’ho visto, uomo, non nasconderti, eri tu quello convinto della sua scienza esatta, eri tu che prendevi come pretesto la tua ragione per scagliarti contro tuo fratello. Eri tu che, allora, cavalcavi il carro della tua supponenza, che, con le tue credenze, rivelatasi sbagliate, hai coperto il terreno del sangue di gente innocente. E ancora adesso, i tuoi discendenti continuano la tua opera, ignari delle conseguenze dei loro atti sul destino del mondo. Ancora oggi, uomini, donne, bambini, piangono per la tua stoltezza. Ancora oggi non sei capace di dialogo e di amore.
“Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue”, supplica Quasimodo mentre l’eco delle sue parole, si perde nel vuoto dell’indifferenza….
Sei ancora quello della pietra e della fionda,
uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
con le ali maligne, le meridiane di morte,
t’ho visto — dentro il carro di fuoco, alle forche,
alle ruote di tortura. T’ho visto: eri tu,
con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio,
senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
gli animali che ti videro per la prima volta.
E questo sangue odora come nel giorno
Quando il fratello disse all’altro fratello:
«Andiamo ai campi». E quell’eco fredda, tenace,
è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
Salite dalla terra, dimenticate i padri:
le loro tombe affondano nella cenere,
gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
È uno straordinario monito, quello che Salvatore Quasimodo, Premio Nobel per la letteratura, lancia agli uomini del suo e del nostro tempo. Un messaggio attuale. Non è cambiato nulla, in fondo. L’evoluzione della cultura, della scienza, della tecnologia non ha portato nessun cambiamento nella natura e nel cuore degli uomini, il desiderio di guerra risuona forte nelle loro anime accecate da invidia, bramosia di potere, odio, vendetta. T’ho visto, uomo, non nasconderti, eri tu quello convinto della sua scienza esatta, eri tu che prendevi come pretesto la tua ragione per scagliarti contro tuo fratello. Eri tu che, allora, cavalcavi il carro della tua supponenza, che, con le tue credenze, rivelatasi sbagliate, hai coperto il terreno del sangue di gente innocente. E ancora adesso, i tuoi discendenti continuano la tua opera, ignari delle conseguenze dei loro atti sul destino del mondo. Ancora oggi, uomini, donne, bambini, piangono per la tua stoltezza. Ancora oggi non sei capace di dialogo e di amore.
“Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue”, supplica Quasimodo mentre l’eco delle sue parole, si perde nel vuoto dell’indifferenza….
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