Un film o tre? Il regista norvegese, più scrittore, più sceneggiatore, Dag Johan Haugerud, classe 1964, è saltato fuori dal buio con la sua trilogia ai Festival di Berlino 2024 e 2025 e alla Mostra di Venezia 2024. Titoli: Sex, Love (Kjærlighet), Dreams (Drømmer). Il primo ha vinto il premio ecumenico alla Berlinale 2024 dove quest'anno il terzo ha ricevuto, primo film norvegese, l'Orso d'Oro. Il secondo, in concorso per il Leone a Venezia 2024 non ha vinto niente ma meritava di vincerlo, il premio principale (più di Almodovar? Per noi sì). Il suo precedente Beware of Children (Barn), su una tragedia scolastica, era stato presentato e bene accolto alle Giornate degli Autori a Venezia 2019, senza però lasciare tracce. Di questa magnifica trilogia, è al cinema Dreams (qui le sale). Siamo in attesa di Love e di Sex ( annunciato per giugno).
Non è necessario vedere i film nell'ordine proposto dal regista. Si può scegliere la successione che capita. Anche il titolo con tutti e tre i film lo si legge citato, in articoli e recensioni, in più versioni: con i film in ordine canonico, ma anche o in un altro o in un altro ancora. Tanto tutti e tre parlano (e parlano davvero molto...) di vita, sessualità, incontri, scontri, resistenze, blocchi e, anche, di qualche passo in avanti. Parlano di cose che capitano a chi vive. Come ha detto il regista, a Venezia: «Per molti versi Loveè un film utopico: riguarda il tentativo di raggiungere l’intimità sessuale e mentale con gli altri senza necessariamente conformarsi alle norme e alle convenzioni sociali che governano le relazioni. Credo che l’invenzione narrativa svolga un ruolo cruciale nell’immaginare mondi possibili e mentalità alternative. Permette alle persone di esprimersi e comportarsi in modi spesso insoliti. Questo serve da ispirazione per pensare in modi diversi nella vita reale. Con la trilogia, voglio far capire che è possibile immaginare nuovi modi di pensare e comportarsi».
In Dreams si incontrano persone, ambienti, cose, come in qualsiasi film. Ma messi lì in maniere pacatamente o ardentemente sensibili. Le inquadrature sono quasi sempre ferme: pacatezza. Sopra dietro sotto dentro le inquadrature si sentono il desiderio, il fuochino, l'incendio. Si può fare un elenco di cose, persone e al posto numero 1) di Parole. Le persone quasi sempre stanno parlando nel film. Possono parlare dall'inizio alla fine del film, come fa Johanne (Ella Øverbye), la torrenziale giovane protagonista che parla sopra le immagini con la voce che racconta descrive scava insiste. Johanne ha 17 anni, si è innamorata non come di solito succede di un compagno di scuola ma della sua professoressa di francese che si chiama Johanna (Selome Emnetu). Diversissime e quasi omonime. Johanne sta sempre in bilico tra il desiderio e l'impossibilità di viverlo: decide di scrivere un racconto-romanzo-diario di 95 pagine con dentro passione e dubbi. E il testo andrà letto a qualcuno. Non di sicuro alla professoressa. Piuttosto a 2) Mamma (Ane Dahl Torp) e Nonna (Anne Marit Jacobsen). Che sono quelle che vedete nella scena sopra, alle prese col post lettura...
Tre diverse generazioni a confronto, naturalmente continuando a parlarsi. La nonna è anche lei scrittrice e poetessa, aperta a ogni idea. 3?... e la Prof? Com'è la professoressa? Johanne la descrive giusta? tralascia qualcosa? ci dice tutto di lei? Sospettiamo che no, che non ce la racconti tutta giusta. Il film fa capire che bisognerà aspettare per sapere.
Via via le narrazioni cambiano. Le strade che percorriamo ci portano in altri posti dove ci sono 4) le Scale. Tante scale, quelle dentro una casa che sembrano quasi attorcigliate alla Escher e ti portano dove non sai più dove sei. E un'altra scala lunghissima, infinita in salita, su per una costa di montagna dove si passa dal vero al visionario, che ti impaurisce con una quantità di corpi e anime (la scala di Giacobbe...) che arrancano a fatica per arrivare a una cima che sta sempre più su.
E tutt'intorno c'è 5) Oslo, la città di questo e degli altri due film, soprattutto di Love. Città di edifici, mare, boschi e parchi: viviamo in città, tra muri e palazzi e vorremmo uscire e salire o sprofondare. Vorremmo dirigerci verso un oltre. Vorremmo diventare... anzi più che diventare vorremmo divenire, coltivare esperienze. E invece siamo qui: Johanne è qui con i due ferri lunghi da calze e maglioni, che si costringe a imparare. Il lavoro più solitario, immobile e fermo per ore e ore, con il filo di lana da passare da un ferro all'altro e passare e passare. Quasi per domare quella spinta del corpo e del pensiero a andare e andare.
In Sex che vedremo prossimamente, due uomini si pongono domande su desideri e paure. In Love, due persone si confrontano via via in una serie strabiliante di scene...
Non è necessario vedere i film nell'ordine proposto dal regista. Si può scegliere la successione che capita. Anche il titolo con tutti e tre i film lo si legge citato, in articoli e recensioni, in più versioni: con i film in ordine canonico, ma anche o in un altro o in un altro ancora. Tanto tutti e tre parlano (e parlano davvero molto...) di vita, sessualità, incontri, scontri, resistenze, blocchi e, anche, di qualche passo in avanti. Parlano di cose che capitano a chi vive. Come ha detto il regista, a Venezia: «Per molti versi Loveè un film utopico: riguarda il tentativo di raggiungere l’intimità sessuale e mentale con gli altri senza necessariamente conformarsi alle norme e alle convenzioni sociali che governano le relazioni. Credo che l’invenzione narrativa svolga un ruolo cruciale nell’immaginare mondi possibili e mentalità alternative. Permette alle persone di esprimersi e comportarsi in modi spesso insoliti. Questo serve da ispirazione per pensare in modi diversi nella vita reale. Con la trilogia, voglio far capire che è possibile immaginare nuovi modi di pensare e comportarsi».
In Dreams si incontrano persone, ambienti, cose, come in qualsiasi film. Ma messi lì in maniere pacatamente o ardentemente sensibili. Le inquadrature sono quasi sempre ferme: pacatezza. Sopra dietro sotto dentro le inquadrature si sentono il desiderio, il fuochino, l'incendio. Si può fare un elenco di cose, persone e al posto numero 1) di Parole. Le persone quasi sempre stanno parlando nel film. Possono parlare dall'inizio alla fine del film, come fa Johanne (Ella Øverbye), la torrenziale giovane protagonista che parla sopra le immagini con la voce che racconta descrive scava insiste. Johanne ha 17 anni, si è innamorata non come di solito succede di un compagno di scuola ma della sua professoressa di francese che si chiama Johanna (Selome Emnetu). Diversissime e quasi omonime. Johanne sta sempre in bilico tra il desiderio e l'impossibilità di viverlo: decide di scrivere un racconto-romanzo-diario di 95 pagine con dentro passione e dubbi. E il testo andrà letto a qualcuno. Non di sicuro alla professoressa. Piuttosto a 2) Mamma (Ane Dahl Torp) e Nonna (Anne Marit Jacobsen). Che sono quelle che vedete nella scena sopra, alle prese col post lettura...
Tre diverse generazioni a confronto, naturalmente continuando a parlarsi. La nonna è anche lei scrittrice e poetessa, aperta a ogni idea. 3?... e la Prof? Com'è la professoressa? Johanne la descrive giusta? tralascia qualcosa? ci dice tutto di lei? Sospettiamo che no, che non ce la racconti tutta giusta. Il film fa capire che bisognerà aspettare per sapere.
Via via le narrazioni cambiano. Le strade che percorriamo ci portano in altri posti dove ci sono 4) le Scale. Tante scale, quelle dentro una casa che sembrano quasi attorcigliate alla Escher e ti portano dove non sai più dove sei. E un'altra scala lunghissima, infinita in salita, su per una costa di montagna dove si passa dal vero al visionario, che ti impaurisce con una quantità di corpi e anime (la scala di Giacobbe...) che arrancano a fatica per arrivare a una cima che sta sempre più su.
E tutt'intorno c'è 5) Oslo, la città di questo e degli altri due film, soprattutto di Love. Città di edifici, mare, boschi e parchi: viviamo in città, tra muri e palazzi e vorremmo uscire e salire o sprofondare. Vorremmo dirigerci verso un oltre. Vorremmo diventare... anzi più che diventare vorremmo divenire, coltivare esperienze. E invece siamo qui: Johanne è qui con i due ferri lunghi da calze e maglioni, che si costringe a imparare. Il lavoro più solitario, immobile e fermo per ore e ore, con il filo di lana da passare da un ferro all'altro e passare e passare. Quasi per domare quella spinta del corpo e del pensiero a andare e andare.
In Sex che vedremo prossimamente, due uomini si pongono domande su desideri e paure. In Love, due persone si confrontano via via in una serie strabiliante di scene...
Categoria
🗞
NovitàTrascrizione
00:00Di solito, quando penso a Ioannina e penso a lei, mi sento un po' più tranquilla.
00:29Penso a lei quando era piccola, ma adesso non è più una bambina, questo mi sembra chiaro.
00:40E quando mi sono ritrovata a leggere quelle descrizioni intime, mentre nel frattempo pensavo a lei da bambina,
00:48insomma, mi ha messo in confusione.
00:51Piuttosto spinta.
00:52Sì, puoi dirlo.
00:54A che pensi?
00:55Non saprei, forse dovrei chiamare la scuola, no?
01:04Denunciarla alla polizia, o denunciare l'insegnante.
01:08Tu che cosa ne pensi, mamma?
01:12Prima devo parlare con Ioannina e capire cosa è successo veramente.
01:17Beh, è tutto lì dentro.
01:19Ne sei sicura?
01:20Sì.
01:21Tu sai che cosa è vero o che cosa invece hai inventato?
01:25Si potrebbe anche interpretare come un racconto di fantasia, anche se è difficile da credere.
01:31Quando la scrittura è così...
01:34Come puoi scrivere qualcosa del genere se non l'hai sperimentato?
01:38È pieno di dettagli.
01:41La sua descrizione del corpo dell'insegnante sicuramente deve averla vista nuda.
01:48Lo penso anch'io, ma potrebbe anche essere, sai, un espediente letterario, come dire, per creare dell'ambiguità.
01:56Lascia al lettore la libertà di chiedersi se è successo davvero oppure se è solamente nella testa della protagonista.
02:04È questo che lo rende così intrigante per me.