Roma, 4 dic. (askanews) - Debutta in prima nazionale il 6 dicembre a Roma, al Teatro Porta Portese, "La chiamavamo Terra Santa." Un'esperienza teatrale che intreccia parole e musica per raccontare l'anima di Alda Merini, attraverso i suoi diari che svelano un viaggio tra follia, dolore e straordinaria vitalità. "Il dolore non è altro che la sorpresa di non conoscerci" - con queste parole Alda Merini apriva uno squarcio sulla sua anima, fatta di contrasti, di abissi e improvvise luci. È da questo universo complesso che nasce "La chiamavamo Terra Santa", un progetto teatrale firmato da Alessandro Fea e Stella Novari, che debutta in prima nazionale il 6 dicembre a Roma presso il Teatro Porta Portese, con repliche fino all'8. E dal 2025 in tournée in tutta Italia. Un viaggio nella fragilità, nella sofferenza e nella forza vitale. La performance, in cui Stella Novari è protagonista, con le sonorizzazioni di Alessandro Fea,, che ne parla nel video si addentra nel racconto intimo e profondo che Merini fa della sua esperienza nei manicomi. I suoi diari narrano il rapporto con l'amore, il dolore, la follia, ma anche con l'ironia e la speranza, in un delicato equilibrio tra sofferenza e resistenza.
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NovitàTrascrizione
00:00Venerdì 6 dicembre alle ore 21 al teatro Porta Portese di Roma
00:04debutterà il nostro nuovo spettacolo
00:06la chiamavamo Terra Santa omaggio ad Alda Merini, scritto da Alessandro Fea e Stella Novari.
00:12È un progetto che parte da uno studio, lettura dei suoi diari, della sua prosa
00:17in cui abbiamo voluto mettere a fuoco un po' la parte più umana
00:22della Quetissa, la parte che riguarda il suo internamento in manicomio.
00:26Uno studio fatto su letture, analisi del testo, in cui abbiamo alla fine messo a fuoco
00:33quella che poteva essere per noi la parte più interessante del lavoro, ovverosia
00:37l'importanza di Alda Merini come donna, come figura femminile
00:41attraverso la sua fragilità, attraverso le sue problematiche, attraverso la sua incredibile umanità
00:47ma allo stesso tempo anche attraverso la forza mentale, fisica, che le ha permesso di superare
00:52qualcosa di veramente incredibile come l'internamento in manicomio.
00:56Lo studio sui testi risoriari ci ha fatto approfondire anche una parte importante, che era la parte in cui
01:02lei racconta di quando usciva
01:05dal manicomio, quindi quando tornava a casa, quindi gli intervalli, diciamo, tra l'internamento e l'alto,
01:10momenti in cui
01:12la sua sofferenza paradossalmente non diminuiva, anzi spesso aumentava, perché lei analizza
01:17in maniera veramente incredibile e approfondita
01:20quella che era la sofferenza
01:22di un ritorno a una realtà da cui si era stato lontano. E questo è stato uno dei punti più interessanti
01:28che ci ha permesso a livello scenico di creare uno spettacolo attraverso cui
01:35vogliamo, con l'interpretazione di Stellanovari,
01:38portare lo spettatore a rivivere queste varie fasi. In qualche modo anche scenicamente
01:43abbiamo creato una situazione che porterà lo spettatore a vedere in scena più momenti
01:48temporalmente connessi, ma allo stesso tempo emotivamente facenti parte di una
01:53stessa sfera, che è stata quella
01:55della sua sofferenza, dei suoi pensieri, delle sue riflessioni sull'essere umano,
01:59ma al tempo stesso
02:01dal grandissimo impulso che la quietezza aveva verso la vita, verso l'amore,
02:06verso tutto ciò che era bello.
02:08Per cui lo spettacolo ha veramente una grandissima forza d'animo nel
02:14descrivere
02:15la sua voglia
02:17sostanzialmente di
02:19dire a se stessa e all'uomo
02:21che c'è tanto di bello intorno, c'è tanto di bello da vivere
02:25e quindi nel nostro spettacolo vogliamo far vedere una faccia magari
02:29meno conosciuta di una grandissima artista
02:32e coglierne le sue parti più belle, più vere,
02:36più profonde, più umane, più cariche di forza vitale.