Non tutte le storie d’amore hanno un lieto fine.
Esempio calcistico lampante, di questo concetto, è Mauro Zarate.
I calciatori come lui sono destinati a dividere, perché si appropriano del cuore dei tifosi e spesso, non sanno cosa farsene.
E’ l’estate del 2008 e nella Lazio stanno cambiando alcune cose. Il presidente Lotito ha eletto Igli Tare (appena ritiratosi dal calcio giocato) direttore sportivo, dopo l’addio di Walter Sabatini. In rosa, sono stati aggiunti pezzi importanti come Lichtsteiner, Foggia, Brocchi, Matuzalem, Kozak e un certo Simone Inzaghi, di ritorno alla base dall’avventura Atalantina. Zarate ha appena disputato una stagione in prestito in Inghilterra, al Birmingham, dove ha ritrovato un calcio di livello. L’argentino di Haedo, città nell’orbita di Bueno Aires, è infatti un tesserato dell’Al Saad, squadra del Qatar. Lotto affonda il colpo e il 9 luglio lo porta a Roma, con un prestito oneroso di 3 milioni più 17 per l’eventuale riscatto. Delio Rossi – probabilmente l’unico allenatore riuscito a valorizzarlo al meglio - può quindi reinventare la rosa dei titolari: si gioca il 4-3-1-2 con Mauri ad ispirare Pandev e ovviamente, Zarate. Già, perché l’argentino ci mette poco a guadagnarsi un posto da titolare. Debutta a Cagliari con una doppietta, lasciando a bocca aperta tutti e si ripete contro la Samp, all’Olimpico nella seconda giornata, con uno dei gol più belli mai visti nella capitale. Controllo e protezione del pallone spalle alla porta, finta e controfinta sul marcatore e sinistro improvviso sotto la traversa. Magia pura, la Lazio ha un nuovo 10. I tifosi si innamorano perdutamente di Mauro, ormai diventato per tutti ‘Maurito’, della sua faccia da Indio e di quel suo modo tutto argentino, sfacciato e puro allo stesso tempo, di trascinare la squadra. La collezione di perle continua: c’è la punizione folgorante contro il Siena, la serpentina contro il Chievo e, soprattutto, la fucilata all’incrocio dei pali contro la Roma, nel derby di ritorno. Fiammate su fiammate, che non portano però la squadra oltre il decimo posto in classifica, con 50 punti finali. In Coppa Italia però, la musica è diversa: la Lazio supera i primi turni agevolmente, poi fatica e stende il Milan, il Torino, e la Juventus, nella doppia semifinale. Ah, a proposito di perle, la carezza di destro a giro dai 25 metri a Buffon finisce di diritto nella collezione, lasciando senza parole anche un grande Sandro Mazzola in cabina di commento. Il 13 maggio 2009 si gioca all’Olimpico la finale contro la Sampdoria di Mazzarri. Mauro apre le danze con quello che ormai è ‘il suo gol’. Destro secco sul secondo palo dallo spigolo dell’area di rigore. Pareggerà Pazzini (a cui poi saremo grati, per altre ragioni) e chiuderà il discorso Ousmane Dabo, ai calci di rigore, per la quinta Coppa Italia biancoceleste e il timbro sul passaporto per la Supercoppa di Pechino. Il bottino di Zarate è di 16 gol in 41 partite nella stagione d’esordio. E… e mi fermo qui, perché Zarate è
Esempio calcistico lampante, di questo concetto, è Mauro Zarate.
I calciatori come lui sono destinati a dividere, perché si appropriano del cuore dei tifosi e spesso, non sanno cosa farsene.
E’ l’estate del 2008 e nella Lazio stanno cambiando alcune cose. Il presidente Lotito ha eletto Igli Tare (appena ritiratosi dal calcio giocato) direttore sportivo, dopo l’addio di Walter Sabatini. In rosa, sono stati aggiunti pezzi importanti come Lichtsteiner, Foggia, Brocchi, Matuzalem, Kozak e un certo Simone Inzaghi, di ritorno alla base dall’avventura Atalantina. Zarate ha appena disputato una stagione in prestito in Inghilterra, al Birmingham, dove ha ritrovato un calcio di livello. L’argentino di Haedo, città nell’orbita di Bueno Aires, è infatti un tesserato dell’Al Saad, squadra del Qatar. Lotto affonda il colpo e il 9 luglio lo porta a Roma, con un prestito oneroso di 3 milioni più 17 per l’eventuale riscatto. Delio Rossi – probabilmente l’unico allenatore riuscito a valorizzarlo al meglio - può quindi reinventare la rosa dei titolari: si gioca il 4-3-1-2 con Mauri ad ispirare Pandev e ovviamente, Zarate. Già, perché l’argentino ci mette poco a guadagnarsi un posto da titolare. Debutta a Cagliari con una doppietta, lasciando a bocca aperta tutti e si ripete contro la Samp, all’Olimpico nella seconda giornata, con uno dei gol più belli mai visti nella capitale. Controllo e protezione del pallone spalle alla porta, finta e controfinta sul marcatore e sinistro improvviso sotto la traversa. Magia pura, la Lazio ha un nuovo 10. I tifosi si innamorano perdutamente di Mauro, ormai diventato per tutti ‘Maurito’, della sua faccia da Indio e di quel suo modo tutto argentino, sfacciato e puro allo stesso tempo, di trascinare la squadra. La collezione di perle continua: c’è la punizione folgorante contro il Siena, la serpentina contro il Chievo e, soprattutto, la fucilata all’incrocio dei pali contro la Roma, nel derby di ritorno. Fiammate su fiammate, che non portano però la squadra oltre il decimo posto in classifica, con 50 punti finali. In Coppa Italia però, la musica è diversa: la Lazio supera i primi turni agevolmente, poi fatica e stende il Milan, il Torino, e la Juventus, nella doppia semifinale. Ah, a proposito di perle, la carezza di destro a giro dai 25 metri a Buffon finisce di diritto nella collezione, lasciando senza parole anche un grande Sandro Mazzola in cabina di commento. Il 13 maggio 2009 si gioca all’Olimpico la finale contro la Sampdoria di Mazzarri. Mauro apre le danze con quello che ormai è ‘il suo gol’. Destro secco sul secondo palo dallo spigolo dell’area di rigore. Pareggerà Pazzini (a cui poi saremo grati, per altre ragioni) e chiuderà il discorso Ousmane Dabo, ai calci di rigore, per la quinta Coppa Italia biancoceleste e il timbro sul passaporto per la Supercoppa di Pechino. Il bottino di Zarate è di 16 gol in 41 partite nella stagione d’esordio. E… e mi fermo qui, perché Zarate è
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